sabato 30 dicembre 2017

Come educare i figli iperconnessi: il contratto

Foto tratta dal Blog: "AdoleScienza"
Fonte:
E' innegabile che le nuove tecnologie 
non possono essere evitate o ignorate, fanno parte della nostra vita e, ancor più di quella dei nostri figli. Ma come farsi ascoltare da loro e staccarli dall’iPhone o dal tablet? Un metodo alquanto efficace, se saputo adattare ai valori specifici della famiglia, è quello di preparare una sorta di accordo da far firmare ai figli, una specie di contratto che pone regole di utilizzo ben precise al cui rispetto legare proprio l’utilizzo dei vari dispositivi. Le regole di questo patto, raccolte in 18 punti, sono state presentate per la prima volta da una scrittrice americana Janell B. Hoffman in un suo libro dal titolo: IRules, come educare i figli iperconnessi. 

Di seguito le 18 regole che ciascun genitore dovrebbe seguire secondo Janell.
Su richiesta invierò gratuitamente il testo del contratto vero e proprio, dopo le eventuali modifiche per adattarlo meglio alla famiglia famiglia interessata.

Parlate! E parlate ancora!

Per riuscire a dare delle regole tecnologiche ai propri figli bisogna innanzitutto essere in perfetto accordo con il proprio partner. Confrontatevi e cercate di capire insieme quali aspetti della tecnologia vi spaventano. Possono essere diversi: i predatori online, la dipendenza, la perdita della fantasia. Individuarli vi aiuta a stabilire i paletti da imporre ai vostri figli. Quando li comunicherete loro mostratevi disposti a discuterne insieme, sarà più facile accettare le regole se comprendono le vostre motivazioni. E nel caso di una replica fondata, siate pronti ad accettare qualche modifica.

Le password
I social hanno trasformato la tecnologia in una dimensione inaccessibile per gli adulti. Eppure sarebbe compito dei genitori, in quanto “maestri di vita”, conoscere le mosse dei propri figli per indirizzarli verso la strada giusta e correggerli quando si sbaglia. Per questo è bene che vostro figlio vi comunichi tutte le password dei vari portali ai quali ha accesso. Quando troverete qualcosa che non vi convince o vi

Adolescenti iperconnessi. Like addiction, Vamping e Challenge sono le nuove patologie

Fonte:

(I dati sono stati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza, su un campione composto da oltre 8.000 adolescenti di circa 18 regioni italiane, di età compresa tra gli 11 e i 19 anni).

Smartphone e internet: come influenzano la vita dei ragazzi
Il 98% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale a partire dai 10 anni d’età. 
Un dato rilevante è che oltre 3 adolescenti su 10 hanno avuto modo di utilizzare uno smartphone direttamente nella primissima infanzia, già a partire da 1 anno e mezzo/2, con la possibilità anche di accedere liberamente ad internet e alle applicazioni presenti nel telefono. Il genitore si sente tranquillo se il figlio utilizza il proprio cellulare pensando che non usi tutte le sue funzioni o vada su Internet dimenticandosi che è tutto collegato alla rete, anche le chat. Con il trascorrere degli anni e l’evolversi della tecnologia si abbassa quindi vertiginosamente l’età di utilizzo. Tra i ragazzi della fascia tra gli 11 e i 13 anni, infatti, l’età media è scesa di un anno sia per quanto riguarda l’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social, che si aggira intorno ai 9 anni.

Gli adolescenti quindi sono sempre più iperconnessi, circa 5 su 10 dichiarano di trascorrere dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% dalle 7 alle 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Se calcoliamo che il 63% lo utilizza anche a scuola durante le lezioni, significa che la maggior parte di loro vive connesso alla rete.

Le ore trascorse davanti ad uno schermo si abbassano leggermente nel campione dagli 11 ai 13 anni, forse perché c’è più controllo da parte dei genitori e l’importanza della rete social non è ancora la più rilevante. Il 55% dei preadolescenti lo utilizza per un massimo di 2 ore, il 35% dalle 3 alle 6 ore, il 7% dalle 7 alle 10 ore e il 4% supera le 10 ore, e solo il 13% lo usa durante l’orario scolastico, rispetto al 63% dei ragazzi più grandi che non si possono staccare dal cellulare.

Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, contro il 77% dei preadolescenti. Il primo è stato aperto intorno ai 12 anni e la maggior parte di loro arriva a gestire in parallelo 5-6 profili, insieme a 2-3 app di messaggistica istantanea. Il 69% ha un profilo su Facebook, il 67% Instagram, il 66% YouTube, il 47% Snapchat, il 22% Ask, il 16% Twitter, e il 15% Tumblr. Il fatto di avere una serie di applicazioni social sconosciute ai genitori gli permette di essere meno controllati e più sicuri di poter anche osare, favorendo comportamenti come il sexting cioè l’invio di messaggi con contenuti sessuali, il cyberbullismo: l’uso

lunedì 13 novembre 2017

L'uso dell'immagine mentale nelle tecniche immaginative

L'uso delle immagini mentali oltre ad essere uno strumento di indagine dell'inconscio per molti autori è diventato anche un vero e proprio strumento terapeutico per il trattamento di disturbi psicologici

Immagine tratta dal sito "martaerba"
L'idea che l'immaginario, con il suo simbolismo, potesse essere strumento di analisi ma anche di cura per i disturbi psichici è nota fin dall'antichità.

Infatti, già fin dai tempi dell'antica Grecia venivano praticate attività curative, che consistevano nel dormire e nel sognare. Il paziente veniva introdotto nelle stanze dell'asklepion, cioè la "sala di guarigione" dove veniva invitato a mettersi in posizione supina, nella completa oscurità e in silenzio per favorire una condizione di introversione e quindi l'emergere di sogni o visioni a cui veniva attribuita importanza fondamentale nel percorso di guarigione.

Lo stesso Sigmund Freud, non sempre ricorreva all'ipnosi, per acquisire materiale inconscio, talvolta provocava fenomeni visivi mediante una pressione sulla fronte, chiedendo poi ai pazienti di descrivere tutto ciò che immaginavano.

Car Gustav Jung fa cenno nelle sue opere ad una 'immaginazione attiva' cioè a quella capacità mentale che ha il soggetto di produrre immagini spontanee, proiettandole nello spazio buio dinanzi a sè.

Ma fu solo grazie all'ingegnere francese Robert Desoille e alla sua tecnica del 'Reve Eveillè Dirigè' che l'uso delle immagini mentali divenne un vero e proprio strumento terapeutico. Così accanto ad altri metodi terapeutici, cominciarono a svilupparsi e diffondersi anche le tecniche che utilizzano le immagini mentali.

Tra queste si distinsero: il Training Autogeno superiore di Schultz, l'Ipnosi Attiva Frazionata di Ktretschmer; l'Imagerie mentale di Frétigny e Virel, la Tecnica Immaginativa di analisi o ITP di Rigo, l'Immagogica di Thomas.

C'è da aggiungere, inoltre, che l'ipnosi ha da sempre utilizzato le immagini mentali, sia come approfondimento della trance, sia attraverso l'utilizzo di immmagini metaforiche specifiche a scopo terapeutico.

Nel nostro paese infine ricordiamo: Roberto Assagioli che ha fatto della visualizzazione il cardine su cui si fonda la tecnica della 'Psicosintesi' e Luigi Peresson che ha realizzato la tecnica da lui stesso definita 'Oniroterapia'.

In Germania suscitò grande interesse il 'Katathymes Bilderleben-Unterstufe' (Vissuto Immaginativo Catatimico) di H. Leuner.

Oggi, le tecniche immaginative sono impiegate nella maggior parte degli orientamenti di psicoterapia attualmente più diffusi: in ambito cognitivo-comportamentale, ad esempio, la REBT, l'ACT, la Schema Therapy, la Desensibilizzazione sistematica e le tecniche di esposizione in generale. Anche nella Gestalt le tecniche immaginative hanno un ruolo molto importante, così come nella Musicoterapia Immaginativa e in altre correnti psicoterapeutiche. Ovviamente, basandosi su presupposti teorici differenti, esse sono utilizzate in modo diverso e di conseguenza diverse sono le applicazioni tecniche.

Nell'ambito della psicoterapia autogena, le tecniche usate e oggetto di questo articolo, sono: il Training Autogeno Superiore di Schultz, e l'Oniroterapia di Peresson

Uno dei principi fondamentali su cui si basano le tecniche immaginative è la capacità specificatamente umana che un soggetto ha di rappresentarsi un atto prima di compierlo, di immaginarsi in precedenza l'azione per mezzo dell'immaginazione; un altro assunto molto importante consiste, come sostiene Luigi Peresson "...nelle molteplici possibilità terapeutiche di un mondo immaginario in movimento".

L'immagine Mentale
L'immaginazione è un processo che consiste nella evocazione e nella creazione di immagini, quindi si distinguono una immaginazione riproduttrice ed una immaginazione creatrice. Essa può riguardare vari ambiti sensoriali e quindi può essere di tipo visivo, udivo, olfattivo ecc. L'immagine, inoltre è il prodotto di una funzione psichica che agisce sia sulla parte conscia che incoscia della personalità, essa costituisce un mezzo efficace che ci permette di esplorare l'inconscio e mantenere, nello stesso tempo, il contatto con la parte coscia della nostra personalità.

Una importante attività dell'immagine mentale (così come pure dei sogni) è la produzione dei simboli che hanno la caratteristica di essere "segni" più diretti ed efficaci delle perifrasi necessarie per esprimere emozioni, traumi e vissuti profondi della personalità. Quasi tutte le tecniche che utilizzano le immagini mentali sono considerate terapie brevi e quindi di durata inferiore ad un anno. Le fasi fondamentali e comuni alle varie tecniche sono:

a) il rilassamento;
b) la visualizzazione;
c) la verbalizzazione;
d) la trascrizione dei vissuti;
e) l'analisi dei vissuti.
a) Il rilassamento

Riguardo al rilassamento, possiamo dire che qualunque tecnica in grado di produrre uno stato di coscienza semi-vigile è adatta. Si può utilizzare il Training Autogeno di Schultz, come preferiscono Peresson e Leuner o il rilassamento frazionato di Vogt, qualora il paziente è impossibilitato o non è disposto ad apprendere il Training Autogeno, oppure nel caso in cui non si vuole ritardare l'inizio della terapia.

b) La visualizzazione
Dopo l'induzione di uno stato di rilassamento profondo si può dare avvio alla produzione immaginativa. All'inizio si può chiedere al paziente di immaginare oggetti molto semplici allo scopo di abituarlo a muoversi nello spazio immaginario poi si prosegue con le sedute terapeutiche vere e proprie.

c) La verbalizzazione
Il terapeuta propone dei temi di partenza, una volta avviata la fantasia, si chiede al paziente di verbalizzare tutto ciò che via via si sviluppa nell'immaginario.

d) La trascrizione dei vissuti
Dopo la visualizzazione viene chiesto al paziente di trascriverne i contenuti, meglio se ciò avviene entro le 24 ore successive al fine di non disperdere il ricordo delle scene immaginate e degli stati d'animo ad essi collegati.

e) L'analisi dei vissuti
Fermo restando che il momento della visualizzazione e la contemporanea verbalizzazione, sono già di per sé terapeutiche, l'analisi dei vissuti avviene nella seduta successiva per un eventuale ulteriore approfondimento.

In conclusione, oltre al sogno notturno, le tecniche che utilizzano le immagini mentali sono un'altra via regia di accesso all'incoscio. Si è rilevato, inoltre, che nelle tecniche che utilizzano le immagini mentali, la dinamica del movimento dell'immaginario è della massima importanza, in quanto rende tali tecniche, potenti strumenti terapeutici.

Così, ad esempio, se nel corso delle visualizzazioni, i depressi non riescono a muoversi, i maniacali si muovono troppo velocemente, gli ansiosi si bloccano ecc. la rieducazione di tali attitudini a livello immaginario da luogo a modificazioni importanti per il superamento dei suddetti problemi. Il movimento, nell'immaginario, adeguatamente utilizzato si rivela un utile mezzo per rimettere in marcia ciò che era stato bloccato e rimosso; esso permette, quindi, la modificazione del comportamento nella realtà.

Articolo scritto dalla dott.ssa Maria Giovanna Zocco per il portale: "Medici Italia"

Fonti:
Peresson Luigi, L'immagine mentale in psicoterapia;
Assagioli Roberto, Principi e metodi della psicosintesi terapeutica;
Desoille Robert, Teoria e pratica del sogno da svegli guidato;
Leuner Hanscarl, Il vissuto immaginativo catatimico: tecnica psicoterapeutica del sogno.

giovedì 10 agosto 2017

Intervista alla Dott.ssa Maria Giovanna Zocco

Trascrizione dell'intervista che la dott.ssa Maria Giovanna Zocco ha rilasciato per il portale "Mio Dottore": dove sarà pubblicata a beneficio dei propri iscritti.

D. Cosa consiglierebbe a un paziente che si reca in visita da lei per la prima volta?
R. Di stare tranquillo, perché, per quanto dolorosa e limitante possa essere la situazione, c'è sempre la soluzione ad ogni problema.

D. Cosa l'ha spinta a scegliere la sua specializzazione?
R. La possibilità di aiutare le persone intrappolate nei più svariati disturbi e di poterlo fare anche senza farli spostare da casa per recarsi in studio. Questo è possibile sia attraverso le nuove tecnologie che internet ha messo a disposizione di tutti negli ultimi decenni (Skype per le video-sedute, sessioni via e-mail o Chat) e sia attraverso il mio lavoro volto a rendere le tecniche psicologiche fruibili anche attraverso tali modalità.

D. Un momento speciale legato al suo lavoro.
R. La conclusione del percorso terapeutico, quando le persone hanno risolto il problema per il quale avevano iniziato la terapia.  E il loro eventuale ritorno quando si ritrovano ad affrontare un qualche altro problema che la vita, inevitabilmente, pone sul loro cammino. 

D. Tre cose che ama del suo lavoro.
R. 
1. La possibilità di dare aiuto alle persone senza imporre loro lo spostarsi in studio; 
2. La diagnosi veloce, la varietà di efficaci tecniche psicologiche a disposizione per molte tipologie di problemi; 
3. Il fatto che tutte le tecniche sono brevi: non più di 15-20 sedute, spesso anche di meno.

Ora alcune domande sulle più comuni curiosità dei pazienti sulla sua specializzazione.

D. Quali sono, per lei, tre qualità che ogni psicologo/a dovrebbe avere?
R. 
1. Capacità di ascolto e comprensione; 
2. capacità di giungere ad una diagnosi corretta; 
3. Conoscenza di molte tecniche psicologiche per adattarle al tipo di problema presentato.

D. Gli attacchi di panico si possono prevenire?
R. Normalmente le persone prevengono gli attacchi di panico con l'evitamento o con i farmaci. Ma, nel primo caso, l'evitamento aggrava il problema con la conseguenza della progressiva riduzione degli spazi vitali; nel secondo caso, gli psicofarmaci curano il sintomo ma non risolvono il problema, anzi, creano dipendenza e se ne subiscono i vari effetti collaterali.

D. Due attività che consiglierebbe a chi soffre di ansia.
R. 
1. Effettuare una psicodiagnosi quanto più possibile dettagliata per avere anche una misura dell'ansia, oltre che un profilo della personalità; 
2. Richiedere un trattamento che includa un lavoro su un doppio binario: con l'apprendimento di una tecnica di rilassamento psico-fisico da un lato e, dall'altro, l'analisi dei vissuti sia fisici che psicologici per la costruzione di prescrizioni comportamentali personalizzati al fine di risolvere l'ansia e gli attacchi di panico senza l'apporto di psicofarmaci.

D. Quale domanda riceve più spesso dai suoi pazienti? Come risponde?
R. La domanda che ricevo più frequentemente è: "Cosa devo fare per ritornare come prima"? La risposta: "Non si ritorna mai come prima, semmai si diventa più forti ed equilibrati di prima".

martedì 4 aprile 2017

Più soffriamo"dentro" più ci ammaliamo "fuori"

Ecco come un dispiacere può concretizzarsi in una malattia

     Il nostro corpo somatizza nella sua materia quello che lo spirito subisce in tutta la nostra anima, quello che il nostro inconscio tace, lo urlano le nostre malattie dolori e malesseri. La malattia è un conflitto tra la personalità e l'anima.
  Quando ti manca calore affettivo, basta una minima frescata di vento freddo e subito prendi un raffreddore. Il raffreddore "cola" quando il corpo non piange.
    Forti mali di schiena (ovvio non causati da un peso caricato male) ti dicono che stai subendo un dolore, porti con te un peso, un trauma, una tristezza immensa; il mal di gola ti assale sicuramente quando hai tanti dolori da sfogare ed afflizioni da dire e non hai con chi confidarti.
    Quando una persona non la sopporti, non la digerisci e la devi sopportare ti viene acidità allo stomaco, le coliche spesso sono rabbie accumulate che non riesci a sfogare. Il diabete "invade" quando la solitudine ti attanaglia. Il cancro ti divora come l'odio che corrode l'amore mancato.
   Il corpo ingrassa quando sei insoddisfatto o dimagrisci quando ti senti logorato. Dubbi preoccupazioni ansietà ti portano via il sonno e soffri di insonnia. Se non trovi un senso alla tua vita la pressione del cuore rallenta o accelera quindi ipotensioni e pressioni alte al cuore sono sbalzi che ti condizionano l'umore e le forze.
    Il nervosismo aumenta i respiri, come se ti mancasse l'aria, donde dolori al petto ed emicranie (molti fumatori prendono aria extra dal fumo fatidico ed effimero che li rilassa in maniera compensatoria ma illusoria) La pressione "sale" quando la paura imprigiona.
    Quando ti senti sopraffatto da un problema che sei ai limiti, allora la febbre ti assale, le frontiere dell'immunità sono all'erta. Le ginocchia "dolgono" quando il tuo orgoglio non si piega. Le artrosi vengono quando la tua mente non si apre, sei troppo rigido e i muscoli ti si contraggono.
    I crampi indicano che stai subendo una situazione ai limiti della sopportazione. La stitichezza ti indica che hai residui nel tuo inconscio, hai segreti che ti otturano e non trovi chi ti comprenda senza giudicarti. La diarrea è un atto di difesa dell'organismo che vuole eliminare ciò che percepisce come dannoso (come il vomito) vale per i virus ma anche per le situazioni, i sentimenti... forse chi ha diarrea non riesce a trattenere o assimilare.
    La malattia non è cattiva, ti avvisa che stai sbagliando cammino. Ascolta il tuo corpo ed impara a guarire con il tuo spirito, non c'è altra medicina che la tua stessa natura non possa darti. E' ovvio che non generalizziamo, non è un catalogo farmacologico ma una linea guida... chi una preoccupazione la somatizza nella testa (emicrania) chi nello stomaco (indigestione).
   E i bambini? pur innocenti sono spugne emotive e recepiscono ogni energia negativa di chi li sta accanto, non per caso i bambini più sani sono quelli che crescono in famiglie unite ed amorose. L'amore è vita, dunque qualsiasi mancanza d'amore produce in noi morte: psichica, mentale, emotiva e alla fine anche fisica.