venerdì 8 novembre 2019

I nostri geni rispondono positivamente al giusto tipo di felicità



Il giusto tipo di felicità non solo ci fa sentire bene a livello psicologico, ma si riflette anche sull'organismo fino ad influenzarne il codice genetico..

Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences , ha esaminato il modello di espressione genica all'interno delle cellule responsabili della lotta contro le malattie infettive e le difese immunitarie dell'organismo in generale. (Fredrickson et al., 2013 ).

Gli 80 partecipanti allo studio hanno riferito i livelli di due diversi tipi di felicità:

Felicità edonistica: cioè il tipo di felicità che si ottiene dalla semplice auto-gratificazione, come gustare un buon pasto o acquistare una macchina nuova.

Felicità eudemonica: cioè il tipo di felicità che si ottiene lavorando per un nobile obiettivo o per la ricerca del senso della vita.

Ciò che i ricercatori hanno trovato è che le persone che presentavano un miscuglio di entrambi i tipi di felicità si sentivano ugualmente felici. Né un tipo di felicità superava l'altro.

Una differenza però è emersa a livello genetico. In coloro che manifestavano livelli più elevati di felicità eudemonica, è stata rilevata anche una forte concentrazione di anticorpi e geni antivirali.

Al contrario, le persone con livelli più elevati di felicità edonistica avevano una più debole concentrazione di anticorpi e geni antivirali.

Steven Cole, uno degli autori dello studio ha spiegato:

"Ciò che questo studio ci dice è che fare il bene e sentirsi bene hanno effetti molto diversi sul genoma umano, anche se essi generano livelli simili di emozione positiva. A quanto pare, il genoma umano è molto più sensibile ai differenti modi di raggiungere la felicità che alla felicità stessa".

L'autrice principale, professoressa Barbara L. Fredrickson, suggerisce che:

"Siamo in grado di rendere felici noi stessi attraverso i piaceri semplici, ma questo non aiuta ad ampliare la nostra consapevolezza o potenziare le nostre capacità in modi che ci avvantaggiano fisicamente. A livello cellulare, invece, i nostri corpi sembrano rispondere meglio ad un diverso tipo di benessere, quello basato su un senso di coinvolgimento con gli altri o che abbia un nobile scopo. "


mercoledì 2 ottobre 2019

Ipertensione arteriosa

DEFINIZIONE
Per ipertensione è da intendersi un aumento pressorio nei vasi sanguigni e specialmente nelle arterie del grande circolo. Consiste in polso forte, teso, pressione arteriosa massima oltre i 140 mm. di hg. potendo raggiungere i 250 e anche i 300 e pressione minima oltre i 90. 
Ecco un quadro dei valori e relativi livelli di gravità del disturbo:

Categoria Pressione arteriosa in mm Hg

                      Sistolica                     Diastolica
Ottimale < 120                            < 80
Normale < 130                            < 85
Normale - alta  130 – 139                   85 – 89
Ipertensione di Grado 1 borderline  140 – 149                  90 – 94
Ipertensione di Grado 1 lieve  150 – 159                   95 – 99
Ipertensione di Grado 2 moderata  160 – 179                100 – 109
Ipertensione di Grado 3 grave >/= 180                     >/= 110
Ipertensione sistolica isolata borderline  140 - 149                      < 90
Ipertensione sistolica isolata >/= 150                           < 90
Se l'ipertensione interessa sia la massima che la minima viene detta "completa"
La dove c'è un buon compenso, e i dati della massima e della minima, benché aumentati, rimangono tra loro nello stesso rapporto che hanno nell'individuo normale si dice allora che sono "concordanti". 
Quando invece le due cifre si avvicinano, si ha convergenza e ciò sta ad indicare una probabile insufficienza cardiaca; se si allontanano, si ha divergenza che è indizio di una insufficienza aortica. 
Le complicazioni possono essere varie: dalle vascolari, alle cardiache e renali. 
Molteplici sono le classificazioni delle forme di ipertensione, ma il quadro più comune è maggiormente interessante il nostro tema distingue tra: 
ipertensione essenziale (primaria)
ipertensione arteriosclerotica (secondaria)
Si parla di ipertensione essenziale o primaria quando non si riscontra una causa evidente, anche se stress, ansia, stile di vita e alimentazione giocano un ruolo determinante. Molti studiosi, addirittura, la considerano la malattia dello stress per eccellenza. 
Nella sua forma primaria, l'ipertensione si manifesta con vari sintomi tra cui cefalea mattutina, vertigini, ronzii, crampi, intorpidimenti ecc. ed è caratteristica dei soggetti già in età relativamente giovane; la European Society of Hypertension ha infatti emanato qualche anno fa le prime linee guida espressamente dedicate al bambino e all’adolescente. Dai dati, infatti, risulta che il 5-6% di bambini e adolescenti, in apparente buona salute, in realtà è iperteso. 

L'ipertensione arteriosa è invece chiamata secondaria quando trova la sua origine in svariate altre patologie, quali nefropatia ed endocrinopatia, può derivare, inoltre, da disturbi del sistema nervoso, da arteriti infiammatori e dall’assunzione di farmaci (analgesici, antinfiammatori, antipiretici, antidolorifici, ecc.), oppure può manifestarsi durante la gravidanza.
Quella secondaria incide solo per il 5% della totalità di coloro che soffrono di ipertensione, compare tardivamente ed è tipica degli anziani i quali, oltre ai sintomi di cui sopra, possono accusare offuscamenti cerebrali in rapporto a spasmi vascolari.

PSICODINAMICA
E' ormai universalmente riconosciuto il ruolo dei fattori emotivi nell'eziologia dell'ipertensione essenziale, per cui deve essere sempre considerato anche il fattore psicologico, sia per una corretta diagnosi che per un altrettanta corretta terapia. 
Le ipotesi formulate dai più illustri studiosi di psicosomatica concordano tutte su un dato e cioè che i pazienti che soffrono di ipertensione essenziale presentano una personalità chiaramente ansiosa o comunque a sfondo neurotico, come si può rilevare dal fatto che molti sintomi di questa affezione (come cefalea, vertigini, ronzii, rossori improvvisi ecc.) sono quelli ormai classici del disturbo d'ansia.
C'è poi chi, come Alexander, suppone in questi soggetti un fondamento di ostilità repressa o la presenza di conflitti inconsci (Dunbar e Wolfe) oppure di impulsi aggressivi accompagnati da ansia (Saul).
Sta di fatto comunque che il fattore psicologico entra a volte in modo preponderante nella psicogenesi della malattia. 

TERAPIA PSICOLOGICA
Oltre ad uno stile di vita sano, esercizio fisico e una dieta vegetariana, magari a base di frutta e verdure ricche di potassio (in quanto questa sostanza abbassa la pressione e riduce l’incidenza di danni cardiaci) è possibile influenzare positivamente la pressione arteriosa mediante metodiche terapeutiche distensive e tecniche psicologiche e corporee che facilitano, a livello emotivo, una maggiore cedevolezza, malleabilità ed elasticità nei rapporti e nell’affrontare le situazioni. 
La tecnica psicologica maggiormente efficace prevede un percorso a “doppio binario”: da una parte si deve abbassare il livello di tensione emotiva con tecniche adeguate di rilassamento profondo e con specifiche visualizzazioni guidate, e dall’altra si rende necessario favorire la libera verbalizzazione dei problemi personali, di conflitti interiori e relazionali ecc.  Le tecniche di rilassamento agiscono sulla muscolatura non solo “sciogliendo” le contratture della muscolatura scheletrica (ad es. collo, spalle e schiena), ma producendo anche la distensione delle pareti vascolari e il conseguente calo della pressione interna ai vasi sanguigni.
Grazie a questa azione i valori della pressione arteriosa tendono a scendere a normalizzarsi, in quanto anche i muscoli che rivestono le pareti dei vasi sanguigni si rilassano e si distendono.
Le tecniche di rilassamento agiscono quindi in due modi che si integrano fra loro:
- dal punto di vista psicologico, permettono alla persona di abbattere i livelli di ansia e stress;
- dal punto di vista fisiologico, inducono il rilassamento delle arterie e il conseguente calo dei valori pressori.
Una volta appresa la tecnica di rilassamento si possono inserire delle precise formule d'organo e specifiche visualizzazioni guidate.
A tale proposito conviene ricordare che alcune ricerche sperimentali hanno messo in evidenza che l’aumento della pressione non si verifica soltanto quando ci si impegna fisicamente, ma anche quando si usa la sola immaginazione. I valori pressori aumentano già se una persona ha il sentore di una situazione di conflitto, e cala se il soggetto in questione comincia a parlare spontaneamente del conflitto e verbalizza il suo problema. Inoltre, se tale pressione aumenta con la sola immaginazione di una eventuale azione, senza peraltro che questa azione, solo pensata, sia mai conclusa in attività motoria la stessa immaginazione può essere utilizzata per scaricare questa “pressione continua” e riequilibrare i valori della pressione arteriosa.
Le suddette tecniche possono essere apprese anche attraverso un percorso on-line di poche sedute ed essendo prive di effetti collaterali, sono valide anche come strumento di prevenzione, in particolare per tutti quei soggetti che hanno in famiglia casi di ipertensione arteriosa o per bambini e adolescenti. 

Fonti:
Luigi Peresson - IPNOSITERAPIA - Faenza editrice

da internet:
- IL BLOG DEDICATO ALLA MEDICINA PSICOSOMATICA
- CONTRO L'IPERTENSIONE SI PUO' IMPARARE (anche) A RILASSARSI - Medici Italia 
- IPERTENSIONE ARTERIOSA: NE SOFFRE IL 5% DEI BAMBINI - Città Nuova (cultura e informazione)

lunedì 12 agosto 2019

Come guardare i programmi politici in TV e restare sani di mente

"Ci pagano per non farvi capire cosa succede oggi in Italia".
Dichiarazione shock di un regista di successo autore di programmi come: Tutti pazzi per la Tele, Affari tuoi, E' nata una stella e Grande Fratello 9.

Foto tratta dal sito: "conoscenze al confine"
Oggi propongo un tema meno specialistico ma, forse, molto utile a tutti coloro che vorrebbero difendersi dalla manipolazione operata dai mass-media.
Il primo passo è capire il modo in cui gli utenti vengono manipolati. TV e giornali sono il più importante mezzo per farlo. Con questo non dico che non dobbiamo più guardare la TV o leggere i giornali o seguire i social; dobbiamo però imparare ad estrapolare i fatti, ripulendoli dai fronzoli con i quali ce li presentano. Dobbiamo imparare ad ingrandire o rimpicciolire le notizie che danno in TV.
Quando accade che danno molto spazio ad una notizia insignificante o stupida, analizzandola e sviscerandola per giorni e giorni fino all'inverosimile: tranquilli che stanno gonfiando una cosa per soffocarne un'altra. Quindi girate canale e cercatevi un bel film. 
Quando fanno passare di striscio, o tentano di rimpicciolire una notizia grave, stanno coprendo qualcuno o cercando di difendere qualcosa o il sistema. In questo caso andate a fondo e cercate di documentarvi su chi e cosa stanno cercando di nascondere. 
Quando squalificano, delegittimano o ridicolizzano qualcuno è perché questi sta lavorando bene e sta lavorando per il popolo, quindi sta diventando troppo importante e il popolo se ne sta accorgendo; allora bisogna demolirlo, ridicolizzarlo e accusarlo di incapacità. State tranquilli che magari quella persona sta dando tutta se stessa nel compimento del proprio dovere.
Quando invece i giornalisti ossequiano troppo qualche politico o personaggio potente è perché ne hanno paura, forse temono di essere licenziati o relegati alle scartoffie. 
Quando nei talk show fanno recitare le litigate ad opinionisti, giornalisti e politici: stanno cercando di condizionare un popolo a fare lo stesso. Basta guardare i social e ce ne accorgiamo subito: la gente difende a spada tratta il proprio idolo politico come fosse la squadra del cuore, senza accorgersi che magari questi effonde attorno a sé solo parole, proclami, promesse, ma zero fatti. Queste persone, simili a tifosi, appaiono rigide, dalla mente chiusa, attaccano tutti coloro che non la pensano allo stesso modo e sono incapaci di modificare, anche di una sola virgola, il loro pensiero sclerificato anche di fronte alla più eclatante delle evidenze. 
Quando in TV propongono i risultati di sondaggi o le previsioni di voto: stanno già costruendo i risultati delle prossime elezioni. Non si sa come facciano, ma in un modo o nell'altro, tranne rare eccezioni, il sistema, i poteri forti ottengono i risultati che vogliono. Probabilmente lo fanno in tanti modi, ad esempio:
- operando di continuo sulla mente della gente, osannando un partito o un personaggio designato e squalificando o denigrando quello che il sistema non vuole assolutamente;
- costruendo sondaggi falsi in modo tale da indicare la tendenza in salita del partito o personaggio che il sistema vuole promuovere e in discesa quello che non vogliono tra i piedi.
Questi sono solo alcuni esempi. Ma qualsiasi programma o spettacolo, qualsiasi documentario o approfondimento potrebbe contenere in sé elementi subliminali volti ad orientare l'utente e condurlo lì dove il sistema vuole. 
Restare immuni a tutto questo e non lasciarsi influenzare non è facile ma neanche impossibile. 
Oltre a tenere sempre presente, quando guardiamo la TV, ciò che stato elencato sopra, bisogna anche lavorare su se stessi. 
E' necessario coltivare il proprio spirito critico, non nel senso di criticare tutto e tutti, ma riservarsi di riflettere e analizzare meglio ciò che tutti i giornali e TV tendono a riportare, in particolare quando lo fanno tutti in modo uguale: é allora che bisogna prestare attenzione a qualche voce fuori dal coro.
Inoltre, bisogna sempre coltivare la propria curiosità, cercare di andare a fondo in una notizia e soprattutto confrontarla con la realtà che si percepisce in giro. 
Ad esempio: quando un politico o personaggio di spicco viene presentato dai mezzi di comunicazione di massa sotto una luce positiva o viene indicato come la figura salvifica di uno Stato; mentre nelle piazze, nei bar e nella vita quotidiana si percepisce un sentimento di delusione o addirittura di risentimento o aggressività contro quel personaggio o quel partito, è probabile che la verità stia proprio nel "sentire" della piazza e non negli scampoli audio-visivi di interviste o comizi tagliati e selezionati ad hoc che fanno vedere in TV.
Un altra modalità per costruirsi una propria opinione e una mente poco influenzabile è quella di leggere: leggere tanto e di tutto, a partire dai classici fino ai libri di attuale pubblicazione, leggere di storia e di filosofia, di miti e di religioni, di politica e di società. Coltivare la propria curiosità su tutto.
Infine, un aspetto da non sottovalutare, è quello di costruirsi un "Io" forte, solido ma anche flessibile, di liberarsi da sentimenti di bassa autostima che spesso rendono la persona come una spugna, nel senso che assorbe tutto ciò che tocca senza alcuno spirito critico. Ciò può accadere perché la persona si ritiene non all'altezza di capire,  perché non si conosce, perché non riesce ad individuare in se stessa i punti di debolezza e i punti di forza, tale da poter utilizzare gli uni e gli altri nel modo migliore possibile; in tal caso bisogna che le persone si prendano cura di sé stesse, del proprio pensiero, della propria mente, del proprio spirito e della propria consapevolezza; bisogna che le persone imparino a liberarsi dai propri conflitti e dalle contraddizioni interiori perché più le persone imparano a conoscere se stesse e meglio conosceranno gli altri e sapranno leggere gli eventi oltre il velo delle apparenze.
Dott.ssa Maria Giovanna Zocco

mercoledì 19 giugno 2019

Il giuramento di Ippocrate

La persona è molto più del suo problema o del suo disturbo. La persona non è solo la sua malattia ma una totalità: essa è corpo, mente, emozioni, anima. Va sì considerato il sintomo, ma anche l'ambiente, l'alimentazione, le relazioni. 
Per fortuna oggi le scienze che si occupano della salute e del benessere dell'uomo stanno confluendo l'una nell'altra; infatti, si parla sempre più di medicina integrata o di medicina olistica e ci si occupa non solo della parte del corpo che presenta problemi, ma di tutto l'organismo e del contesto in cui vive. Si può di certo affermare che oggi, anche se lentamente, c'è un ritorno alle origini della medicina, e cioè alla medicina ippocratica. Infatti, affermatesi intorno al IV secolo a.C, la medicina ippocratica aveva già in sé i principi della medicina integrata, e il famoso giuramento di Ippocrate ne è la testimonianza.


Il giuramento di Ippocrate - Testo Moderno

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo,

GIURO:
di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;

di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;

di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;

di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;

di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;

di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze;

di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;

di prestare in scienza e coscienza, la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;

di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali;

di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione;

di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;

di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;

di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;

di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;

di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.

giovedì 6 giugno 2019

Il Bushido

Immagine tratta dal sito www.sott.net
di Riccardo Tristano Tuis 
Bushido è una parola giapponese il cui significato letterale è la Via del Guerriero, ed è un codice di condotta, un modello di vita adottato dai samurai. 
I sette principi del Bushido cui un samurai deve attenersi scrupolosamente sono: rettitudine, coraggio, benevolenza, rispetto, onestà, onore e lealtà. Questi principi devono essere perseguiti fino alla morte poiché il loro venir meno causa il disonore del guerriero. 
La società giapponese, seppur corrotta come ogni società umana, non tollera la presenza di un corrotto smascherato. Nella società giapponese se qualcuno cade in disgrazia agli occhi dell'opinione pubblica, costui si allontanerà spontaneamente dal suo ruolo sociale; ciò troppo spesso non accade nelle altre società dove i corrotti seppur smascherati continuano a presenziare nel tessuto sociale rimanendo in ruoli di grande influenza, se non addirittura ai massimi vertici, almeno finché non riescono ad eludere una legge troppo spesso compiacente.
Nella via del guerriero si può arrivare anche a sacrificare la propria vita in battaglia per non perdere l'onore, ma questo non significa muovere guerra come fanno le culture islamiche o cristiane che, sotto il nome di una "guerra santa" o di una guerra preventiva (l'assurdità di questo termine per manipolare l'opinione pubblica è evidente) nascondono l'intolleranza, il fanatismo o l'avidità, figli di una mente ignorante completamente schiava dei campi mentali condivisi che la strutturano.
Il guerriero non deve mai entrare in guerra se non per difendere la propria dignità e non deve essere nessuno a mandarlo in guerra se non il suo stesso cuore; nessuna nazione ha dunque il diritto di imporre il sacrificio di un uomo e se lo fa è solo una bieca dittatura mascherata da democrazia. 
Nessuna fede, idea o presunta verità vale più di una vita umana ed è per questo che, paradossalmente, il guerriero deve essere pronto a sacrificare o quella di chi minaccia la sua dignità, libertà o stessa vita. Una vita nella schiavitù non è degna di essere vissuta e, se buona parte parte dei giocatori fosse disposta a morire piuttosto che privarsi della propria libertà, a nessun tiranno sarebbe mai permesso di portare il videogioco olografico alle estreme conseguenze di un'assenza di giocatori.
Se le persone scegliessero la via alla propria sovranità interiore, tale presenza di guerrieri, oltre a non permettere la presenza di tiranni fisici, eliminerebbe anche la presenza della tirannia invisibile.
Quando la nostra dignità e libertà sono minacciate, si consiglia di fare in modo che la battaglia non sia fisica, in quanto esistono modi più sottili per eliminare i tiranni dalla nostra realtà. Essi vanno eliminati nella nostra mente, ossia togliendoli da qualsiasi ancoraggio nella propria realtà.
Il pernicioso e imperante costume sociale della corruzione è

sabato 1 giugno 2019

Mùsica de Sanaciòn: Lo siento, perdón, gracias, te amo - Darwin Grajales

Questa è la prima delle canzoni che propongo nella rubrica: Musicoterapia ovvero Mùsica de Sanaciòn. Questa, in particolare, è indicata in tutte quelle situazioni di conflitto, risentimento, accusa e sensi di colpa; sia nelle relazioni di coppia che nel rapporto con importanti figure di riferimento come i genitori. 





Traduzione del testo:

E' giunta l'ora dei conti
E quasi sempre sta mancando
Pensavi che trovando colpevoli
La tua vita sarebbe andata migliorando

Giudizi e sentenze
Hanno fatto un mondo più violento
Il cerchio continua a girare
E l'odio lo sta guidando.

Mi dispiace perché ora capisco
Che la paura e i risentimenti
Stanno creando reazioni
Di guerra per non stare attenti.

Mi dispiace perché ti condanno
Mi dispiace perché ti censuro
Mi dispiace perché stai chiamando
E mi dispiace perché non ti sento.

Scusa, scusa, grazie, ti amo. (bis).

Scusa per tanta indifferenza
Per non aver fatto i miei compiti
Per aver messo nelle mani tue
Quello che mi spettava.

Scusa per averti in prigione
Del potere e l'accaparramento
Mi dispiace darti lo spazio
Quello che non sto assumendo. (bis)

Scusa, scusa, grazie, ti amo. (bis).

Grazie per aver fatto la tua parte
Di creare l'equilibrio
Perché mi sto svegliando
E lo farò con te.

Grazie per pagare il prezzo
Grazie per avere spostato il mio piano
Grazie perché tu eri il mio specchio
Grazie per essere il mio maestro. (bis).

Scusa, scusa, grazie, ti amo. (bis).

Ti amo perché siamo uno
E viviamo nella stessa casa
Per questo voglio liberarti
Così puoi essere te stesso.

Ti amo perché mi affronti
Ti amo per i tuoi sacrifici
Ti amo perché quando perdoni
Sto perdonando a me stesso.

E chi è senza peccato
Scagli la prima pietra
Se vuoi camminare più leggero
Scusa e non fare resistenza.

Scusa, scusa, grazie, ti amo. (bis)."

domenica 26 maggio 2019

Mùsica de Sanaciòn

Qualche tempo fa su questo blog ho dato il via alla rubrica: Biblioterapia: un libro per guarire oggi iniziamo un'altra rubrica: quella della Musicoterapia ovvero: Mùsica de Sanaciòn
Speriamo che la musica medicina sia conosciuta sempre di più, la musica è stata creata per esprimere i sentimenti e per guarirli. Gli antichi lo sapevano: è tempo di rispolverare le nostre radici. 
foto tratta dal sito 'Wellnity'

"La musica triste guarisce la psiche triste, la musica eccitante guarisce la psiche eccitata" 
Aristotele

Il potere curativo della musica è noto fin dall'antichità e veniva usato come mezzo terapeutico già da parecchie migliaia di anni fa.
Notizie al riguardo provengono dall'India, dal Tibet e dalla Cina. Confucio addirittura ha dedicato un intero libro della sua monumentale opera esclusivamente alla musica. 
Nell'ambito della cultura greco-latina, i Pitagorici - come riporta R.L. Carrozzini nel suo Manuale di Musicoterapia Immaginativa - consideravano la musica "...un elemento inscindibile della vita dell'uomo, un mezzo capace di servire all'uomo per ritemprarlo, ridargli il gusto della vita, distenderlo e rasserenarlo. Seguendo la tecnica della agoghé (oggi diremmo Training) l'uomo poteva liberarsi dalle tensioni e dai sentimenti negativi".
Continua Carrozzini dicendo che "Per i Pitagorici, tre sono gli orientamenti della musica:
a) di adattamento: la musica deve adattarsi alla personalità dell'individuo; nel contempo, l'individuo deve sapersi lentamente adattare a musiche diverse e lontane dalla sua personalità accettandole;
b) di cambiamento: la musica può modificare lo stato d'animo profondo dell'individuo, consentendogli una maggiore accettazione di sé ed una maggiore utilizzazione delle proprie capacità e possibilità;
c) di purificazione: la musica può liberare l'anima e il corpo dalle tensioni giornaliere.
A tale scopo i Pitagorici consigliavano di ascoltarla di sera prima di coricarsi al fine di purificare l'animo dallo strepitìo della intensa giornata lavorativa; e poi al mattino, appena alzati, per riuscire ad affrontare la giornata più serenamente e con maggiore determinazione".
Oggi il potere curativo della musica è ampiamente riconosciuto e viene utilizzata nei suoi tre livelli fondamentali:  
Livello ricreativo
E' il livello più superficiale. Si tratta semplicemente di offrire una musica di ascolto, che non richieda ai partecipanti alcuno sforzo particolare. I genere il semplice abbandonarsi ad essa può consentire, in chi ascolta di vivere il momento più piacevole, più distensivo oppure di accettare in modo diverso se stessi, l'altro e perfino l'istituzione che li vede riuniti. Tale metodo può favorire la socializzazione e la comunicazione.
Livello Educativo
Il secondo livello, quello educativo, viene utilizzato, di norma con bambini portatori di handicap di vario genere. Con questo metodo si cerca di trarre da quei bambini capacità e potenzialità che forse nessun'altra terapia, se non la musica, è in grado di ottenere. La musica stimola quegli importantissimi canali di comunicazione non verbale che possono agire ai livelli inferiori del cervello e incentiva lo sviluppo di nuovi e alternativi modelli comunicativi. 
Livello Clinico
Il terzo livello, quello clinico, si può suddividere in due differenti settori.
Il primo settore riguarda la musicoterapia attiva, il secondo la musicoterapia d'ascolto. La musicoterapia attiva viene normalmente proposta a persone che presentano disturbi nella sfera psichica e/o somatica, dal momento che produce effetti sia sul piano fisico che mentale. Tra i disturbi in questione, vi sono le diverse forme di insufficienza mentali, le psicosi, l'autismo, le personalità paranoidi, le gravi depressioni, ma anche le paralisi e le lesioni cerebrali.
La musicoterapia d'ascolto o ricettiva si indirizza principalmente al settore di applicazione delle nevrosi: d'ansia, d'abbandono, d'angoscia, del carattere, fobica, ossessiva, narcisistica, traumatica e noogena. La musicoterapia d'ascolto è indicata anche in gravidanza poiché può andare ad agire sullo stato psicofisico della mamma e, di conseguenza, sul feto intensificando quel legame unico e ancestrale che esiste tra madre e figlio. 
La musicoterapia d'ascolto, inoltre, può avere molti risvolti positivi, che si possono sintetizzare in due punti fondamentali: Rinforzo dell'Io e Autorealizzazione.
La musica, dunque, agisce sulla mente ma anche sul corpo, sull'organismo e sulla psiche, per tale motivo oltre ad essere essa stessa rientrante nell'ambito delle psicoterapie brevi, viene utilizzata spesso a supporto di altri orientamenti terapeutici come, ad esempio, nelle Tecniche di Rilassamento, nelle Visualizzazioni Guidate e nell'Ipnosi Fantasmatica. 

Opera di riferimento: Manuale di musicoterapia immaginativa - R.L. Carrozzini - Ed. Universitarie Romane 1991

venerdì 3 maggio 2019

Il Narcisismo digitale e le patologie da iperconnessione

Tra selfie e post anche il nostro assetto psicologico sta cambiando: possiamo parlare di patologie da iperconnessione? Quali sono le più preoccupanti?

Fonte:

La cognizione di una diffusione di tratti narcisistici nella popolazione occidentale ha portato diversi autori a indagarne i motivi, c’è chi ha parlato di cultura del narcisismo e addirittura di un’epidemia del narcisismo.

Che cos’è il narcisismo? 
In ambito psicologico, il narcisismo è un tratto della personalità e può essere considerato, secondo la logica di un continuum, uno stato normale. Il narcisismo ha di per sé un’accezione positiva: indica l’amore sano e legittimo per se stessi (Behary, 2013). Perde tale connotazione quando si lega ad un bisogno abnorme di attenzione, affermazione, apprezzamento, gratificazione esterna. Se quest’atteggiamento psicologico interferisce seriamente con i rapporti interpersonali, gli impegni quotidiani e la qualità della vita, può assumere una dimensione patologica culminante nel disturbo narcisistico di personalità.

Il narcisismo digitale
Con l’arrivo del Web, ed in modo particolare dei social network, si è assistito ad una proliferazione del narcisismo sotto forma di narcisismo digitale. Con l’espressione di “narcisismo digitale” alcuni filoni di ricerca indicano un insieme di pratiche comunicative tipiche dell’universo 2.0 e fondate su un egocentrismo così accentuato da apparire patologico (Zona, 2015). 
La cognizione di una diffusione di tratti narcisistici nella popolazione occidentale ha portato diversi autori a indagarne i motivi: c’è chi ha parlato di cultura del narcisismo (Lasch, 1979), e addirittura di un’epidemia del narcisismo (Twenge, Campbell, 2009). In un articolo di Erica Benedetto, scritto per l’occasione su State of Mind, ci viene mostrato uno studio condotto tra gli atenei di Swansea e Milano (Reed, Bircek, Osborne, Viganò, Truzoli, 2018) in cui si afferma che farsi più selfie rinforzerebbe i tratti narcisitici di personalità. I ricercatori hanno preso in esame 74 individui di età compresa dai 18 ai 34 anni, durante un periodo di quattro mesi. Un altro elemento preso in considerazione è stata l’assiduità con cui i partecipanti hanno utilizzato i social media (Twitter, Facebook, Instagram e Snapchat) durante il corso della ricerca. In media, durante l’arco temporale dello studio, i partecipanti hanno usato i social per tre ore al giorno, nonostante qualcuno abbia riportato un utilizzo di ben 8 ore circa. In percentuale, Facebook si è rivelato essere la community digitale più utilizzata (60%), a seguire Instagram (25%) e infine, Twitter e Snapchat (13%). I due terzi dei soggetti coinvolti adoperavano i social principalmente per postare selfie. I social network quindi funzionavano da moltiplicatori del loro desiderio di essere al centro dell’attenzione. Soprattutto perché agiscono principalmente sull’immagine. Inoltre, è stato dimostrato che i partecipanti allo studio che erano soliti postare un numero eccessivo di selfie, in accordo con la scala di misurazione utilizzata, presentavano il 25% dei tratti narcisistici oltre il cut-off clinico per il Disturbo Narcisistico di Personalità. Per la prima volta, grazie a questa ricerca, si è giunti dunque a dimostrare l’esistenza di una correlazione tra la frequenza di utilizzo dei social media e narcisismo in relazione alla pubblicazione dei selfie.

Ed ancora, una collega italiana in forza all’University of Georgia, in uno studio condotto su 130 profili di facebooker, ha evidenziato come il numero di amici, il tipo di immagini e i commenti associati a un profilo costituiscano una misura attendibile del grado di narcisismo dell’utente. I narcisisti, secondo quanto emerso dallo studio della Dott.ssa Buffardi, pubblicano sulle loro pagine le foto in cui compaiono più belli e trendy mentre i “normali” utilizzano preferenzialmente foto banali, magari scattate al volo con un telefonino o una webcam (Buffardi, 2008). I siti di social networking sembrerebbero quindi offrire l’ambiente ideale per la proliferazione di alcuni tipi di personalità narcisistiche che hanno l’intento di promuovere se stesse e cercare l’ammirazione degli altri su larga scala.

Questo è quello che emerge da uno studio pubblicato sulla rivista CyberPsychology, Behavior and Social Network. Lo studio, tutto italiano di studiosi dell’Università di Firenze, dal titolo Narcisisti grandiosi e vulnerabili: chi è a maggior rischio di dipendenza da Social Network? (Casale, Fioravanti, Rugai, 2016) è stato svolto su un campione di 535 studenti europei. La conclusione della ricerca ci ha mostrato come i narcisisti vulnerabili, che tendono ad essere insicuri e hanno una minore autostima, sono più propensi a sentirsi più sicuri in un ambiente online rispetto ad un’interazione reale tanto che sono indotti a preferire il social network come mezzo per ottenere approvazione e ammirazione. Al contrario i narcisisti grandiosi, che tendono verso l’arroganza e l’esibizionismo, è probabile che cerchino l’ammirazione più apertamente, piuttosto che attraverso i social media.

Sul versante opposto di quanto accennato finora, vi sono però coloro che nei social network trovano terreno fertile per la propria disistima, se confrontata con quella degli altri attraverso i loro contenuti postati. Il fenomeno è noto a tutti come Image Crafting (creazione immagini).

Narcisimo digitale e stato di “flow”
L’attrazione da parte dei narcisisti digitali verso i social network non si spiega solamente con la loro capacità di fungere da cassa di

martedì 26 marzo 2019

Un libro per guarire: gestire la rabbia

IL VECCHIO E IL MARE di Ernest Hemingway 
Perché anche dopo 84 giorni consecutivi in cui esce con la barca senza prendere un solo pesce, il vecchio e comunque allegro e indomito. E anche quando gli altri pescatori ridono di lui, non si arrabbia. E anche se adesso deve pescare da solo - perché il ragazzo che andava con lui da quando aveva 5 anni, e a cui vuole bene, ricambiato, è stato costretto della dalla famiglia a tentare la fortuna su un'altra barca - non porta rancore. E perché lo l’ottantacinquesimo giorno esce di nuovo in mare pieno di speranza, e anche se quando prende all'amo il pesce più grosso che lui o chiunque altro abbia mai preso e tira la lenza con tanta forza da tagliarsi la mano, lascia comunque che il pesce lo trascini giù al largo. 
  E anche se dice a Dio che vorrebbe che il ragazzo fosse con lui, ringrazia di avere almeno i delfini che giocano e scherzano intorno alla sua barca. E anche quando sono passati un giorno e una notte e lui ha davanti a sé un altro giorno, e sono solo lui e il pesce non c'è nessuno ad aiutarlo, ancora non perde la testa. 
  E anche quando è stato spinto più lontano di quanto non sia mai stato spinto nella sua vita, e comincia a sentirsi sull'orlo della disperazione, si convince da solo a pensare a quello che ha, e non a quello che non ha, e a quello che può fare con quello che ha. 
  E anche se ha fame e sete ed è accecato dal sole, sa che non c'è niente di più grande, di più bello o di più nobile di quel pesce che lo trascina. 
  E anche quando il pesce viene divorato dagli squali e lui perde prima l'arpione poi il coltello nel tentativo di allontanarli; e anche se non riesce a salvare la carne del pesce, e quella prova lo lascia così stanco e indebolito che quasi si perde anche lui; e anche se quando finalmente torna a riva tutto ciò che resta del pesce è uno scheletro, lui accetta quello che è successo e non si scoraggia ma va, con gratitudine, a letto.
  Perché se vi immergete nella prosa semplice tranquillizzante di questa storia anche voi potrete innalzarvi al di sopra delle vostre emozioni. Vi unirete al vecchio nella sua barca, sarete testimoni del suo affetto per il ragazzo, per il mare, per il pesce, e lascerete che la storia vi riempia di pace e della nobile accettazione del presente, senza che resti spazio per il passato o per quello che si vorrebbe essere. A volte ci spingiamo tutti troppo oltre, ma questo non significa che non possiamo tornare indietro. E proprio come il vecchio, nonostante tutto, è felice, anche voi potete prendere esempio dal vecchio e del modo in cui convince se stesso. E dopo averlo letto terrete questo romanzo sul vostro scaffale, in un punto in cui possiate vederlo ogni volta che sarete arrabbiati. Allora vi ricorderete del vecchio, del mare, del pesce e lascerete andare via la rabbia ritrovando lo stato di calma.
Per chi fosse interessato, questo libro in formato Pdf potrà essere inviato gratuitamente a chi ne fa richiesta a questo indirizzo e-mail: mgzocco @gmail.com

Rabbia: emozione importante da conoscere bene

Puoi pensare che la tua rabbia serva ad un benessere più grande, ma è solo un'abitudine legata ai tuoi neuroni. Puoi fare di meglio per te stesso e il mondo andando oltre. 
Loretta Graziano Breuning
  Molti considerano la rabbia e l’aggressività come emozioni negative da controllare, da nascondere dentro sé stessi oppure, al contrario, da riversare fuori ad ogni costo. 
 Questi due atteggiamenti spesso hanno degli effetti collaterali molto negativi perché, nel primo caso possono condurre a stati depressivi più o meno gravi; nel secondo, possono rovinare le relazioni con il partner, con i familiari o, più in generale, con le persone amiche. 
  Tuttavia la rabbia può anche avere scopi costruttivi come ad esempio quando si vuole conquistare libertà e indipendenza, oppure quando si cerca di modificare i comportamenti altrui che non ci vanno bene. 
  La rabbia distruttiva, invece, nel caso in cui viene rivolta all’interno, è un po' come il veleno, perché se tenuta troppo dentro rischia di alterare il funzionamento biologico dell’intero organismo e diventare concausa di molte malattie fisiche oltre che di disturbi depressivi. Non a caso Freud quando parlava di depressione diceva che si trattava di una grande rabbia rivolta contro se stessi. 
  Mentre, al contrario, se la rabbia e l’aggressività vengono riversate all’esterno si rischia di compromettere le relazioni con persone che magari non c’entrano nulla con i motivi che innescano la rabbia.

Che cos'è la rabbia?
  La rabbia, insieme alla gioia e al dolore, è un'emozione primitiva tra le più precoci, per tale motivo essa può essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dell'uomo. 
  Le numerose ricerche compiute sui comportamenti di specie diverse dall'uomo, hanno dimostrato che l'ira e le conseguenti manifestazioni aggressive sono determinate da motivi direttamente o indirettamente legati alla sopravvivenza dell'individuo e delle specie. Gli animali spesso attaccano perché qualcosa li spaventa oppure perché vengono aggrediti da predatori, per avere la meglio sul rivale sessuale, per cacciare un intruso dal territorio o per difendere la propria prole.
  Negli uomini invece, i motivi alla base di un attacco di rabbia riguardano maggiormente la frustrazione di attività che erano connesse con l'immagine e la realizzazione di sé. Lo scopo in questo caso sembra più rivolto a modificare un comportamento che non si ritiene adeguato. 

 Da dove origina la rabbia?
  La psicologia e le varie discipline neuroscientifiche hanno dimostrato che la rabbia nasce come reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. Lo stesso Wilhelm Reich diceva che la rabbia è un'emozione

lunedì 11 marzo 2019

Idiocracy: l’instupidimento della razza umana è iniziato


Fonte:
Rischiamo l’era di “Idiocracy”: il benessere diffuso è causa di un generale abbassamento dell’intelligenza umana. Non è più necessaria per la sopravvivenza.
L’umanità diventa sempre più stupida! Lo aveva già profetizzato uno spassosissimo film del 2006, “Idiocracy“, nel quale si descrive l’umanità del 27° secolo dove l’intelligenza ha ceduto il posto alla stupidità più bieca.

Ora la conferma arriva da una teoria provocatoria elaborata da un genetista della Stanford University, secondo la quale l’uomo sta perdendo le sue capacità intellettuali ed emotive, dato che la rete di geni che conferisce il potere al nostro cervello è particolarmente vulnerabile alle mutazioni ambientali e sociali.
Nella società che abbiamo creato, non c’è più bisogno di creatività e ragionamenti per sopravvivere, quindi l’intelligenza potrebbe diventare qualcosa che inevitabilmente potremmo perdere!

Nonostante le scoperte scientifiche e gli avanzamenti tecnologici, l’uomo di duemila anni fa era molto più intelligente di oggi e, almeno da un punto di vista evoluzionistico, sarebbe ormai sul viale del tramonto.

A dirlo è Gerald Crabtree, genetista alla Stanford University (California) che ha condotto uno studio pubblicato dalla rivista Trends in Genetics su come si sia modificato il patrimonio genetico e intellettivo del genere umano. Il responso non è confortante: i nostri giorni migliori sarebbero già passati.
Alla base del pensiero di Crabtree, racconta il Guardian, c’è un’idea molto semplice. Ancora prima dell’invenzione dell’agricoltura e della scrittura, quando l’uomo viveva ancora di ciò che riusciva a cacciare, chi compiva un passo falso semplicemente soccombeva alle dure leggi della natura.

Nel film Idiocracy le persone intelligenti si riproducevano sempre meno mentre coloro che avevano un QI molto basso si facevano meno scrupoli popolando il pianeta.

Ad andare avanti e a riprodursi erano i più forti e più intelligenti. Oggi però non è più così. Con tutta probabilità, la nostra forza intellettuale ha cominciato a calare proprio con l’invenzione dell’agricoltura e con il sorgere delle prime comunità stanziali.

Spiega Crabtree: “Un cacciatore che non riusciva a procacciarsi il cibo o un rifugio moriva insieme alla sua progenie, mentre oggi un funzionario di Wall Street che commette un errore concettualmente simile riceverà comunque un bonus finanziario e probabilmente verrà considerato un potenziale partner da più donne. La selezione estrema è una cosa che appartiene al passato”.

E quindi, in quale tempo si colloca l’apice dell’umanità? Crabtree non ha dubbi: dopo aver studiato il corredo genetico degli uomini nelle varie epoche, è emerso che l’uomo avrebbe subito numerose variazioni negli ultimi 3.000 anni: una spirale discendente che ha portato l’umanità verso un progressivo e ineluttabile istupidimento genetico nell’arco di 120 generazioni.

Non a caso, infatti, la storia incorona il tempo della Grecia classica come uno dei periodi più intellettualmente fecondi della storia dell’umanità, secoli che hanno fissato i cardini delle società occidentali moderne, fondamenti che si sono tramandati fino ai nostri giorni.

“Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale”, continua Crabtree, “e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6.000 e i 2.000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa che subito il nostro patrimonio intellettuale si indebolisce”.

La tesi dello scienziato californiano potrebbe essere presto confutata da altri studi, tuttavia Crabtree chiude la ricerca con una nota positiva: anche se il nostro genoma sembra diventare ogni giorno più fragile, la nostra società può contare su un forte sistema di trasmissione delle conoscenze che, diversamente rispetto al passato, riesce a diffondere la cultura velocemente e in modo capillare.

“Entro 3000 anni da oggi, è probabile che tutti gli esseri umani saranno stati sottoposti almeno a due ulteriori mutazioni genetiche che ridurranno la stabilità intellettuale ed emotiva, ma è molto probabile che la scienza progredirà a tal punto da essere in grado di risolvere il problema”, ha puntualizzato il prof.

“Non c’è bisogno di immaginare un giorno in cui non potremo più comprendere il problema, o contrastare la lenta decadenza nei geni alla base del nostro benessere intellettuale, o di avere visioni della popolazione mondiale guardando tranquillamente le repliche su televisori che non si potranno più costruire”.

Il Prof. Robin Dunbar, antropologo dell’Università di Oxford, afferma: “Il Prof Crabtree, parte dal presupposto che la nostra intelligenza è progettata per consentire di costruire case e gettare lance dritte ai maiali nella boscaglia, ma non è quello il vero metro di giudizio del cervello”.
“In realtà, ciò che ha guidato l’evoluzione del cervello umano e dei primati è la complessità del nostro mondo sociale e quel mondo complesso non sta smantellandosi. Fare le cose che decideremo di fare per il nostro partner o il modo migliore per allevare i nostri figli saranno sempre e comunque con noi”.

“Personalmente non sono sicuro che in un prossimo futuro ci sarà qualche ragione per essere tutti colti dal panico. Il tasso di evoluzione delle cose richiede decine di migliaia di anni e senza dubbio l’ingegno della scienza troverà soluzioni a tale circostanza, se non saltiamo in aria prima”, conclude il Prof Dunbar.