martedì 26 marzo 2019

Rabbia: emozione importante da conoscere bene

Puoi pensare che la tua rabbia serva ad un benessere più grande, ma è solo un'abitudine legata ai tuoi neuroni. Puoi fare di meglio per te stesso e il mondo andando oltre. 
Loretta Graziano Breuning
  Molti considerano la rabbia e l’aggressività come emozioni negative da controllare, da nascondere dentro sé stessi oppure, al contrario, da riversare fuori ad ogni costo. 
 Questi due atteggiamenti spesso hanno degli effetti collaterali molto negativi perché, nel primo caso possono condurre a stati depressivi più o meno gravi; nel secondo, possono rovinare le relazioni con il partner, con i familiari o, più in generale, con le persone amiche. 
  Tuttavia la rabbia può anche avere scopi costruttivi come ad esempio quando si vuole conquistare libertà e indipendenza, oppure quando si cerca di modificare i comportamenti altrui che non ci vanno bene. 
  La rabbia distruttiva, invece, nel caso in cui viene rivolta all’interno, è un po' come il veleno, perché se tenuta troppo dentro rischia di alterare il funzionamento biologico dell’intero organismo e diventare concausa di molte malattie fisiche oltre che di disturbi depressivi. Non a caso Freud quando parlava di depressione diceva che si trattava di una grande rabbia rivolta contro se stessi. 
  Mentre, al contrario, se la rabbia e l’aggressività vengono riversate all’esterno si rischia di compromettere le relazioni con persone che magari non c’entrano nulla con i motivi che innescano la rabbia.

Che cos'è la rabbia?
  La rabbia, insieme alla gioia e al dolore, è un'emozione primitiva tra le più precoci, per tale motivo essa può essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dell'uomo. 
  Le numerose ricerche compiute sui comportamenti di specie diverse dall'uomo, hanno dimostrato che l'ira e le conseguenti manifestazioni aggressive sono determinate da motivi direttamente o indirettamente legati alla sopravvivenza dell'individuo e delle specie. Gli animali spesso attaccano perché qualcosa li spaventa oppure perché vengono aggrediti da predatori, per avere la meglio sul rivale sessuale, per cacciare un intruso dal territorio o per difendere la propria prole.
  Negli uomini invece, i motivi alla base di un attacco di rabbia riguardano maggiormente la frustrazione di attività che erano connesse con l'immagine e la realizzazione di sé. Lo scopo in questo caso sembra più rivolto a modificare un comportamento che non si ritiene adeguato. 

 Da dove origina la rabbia?
  La psicologia e le varie discipline neuroscientifiche hanno dimostrato che la rabbia nasce come reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. Lo stesso Wilhelm Reich diceva che la rabbia è un'emozione

secondaria rispetto alla frustrazione, e la frustrazione nasce dal mancato soddisfacimento di un desiderio, ovvero, nasce da una impossibilità di raggiungere il piacere. La rabbia, quindi, nasce dalla frustrazione ma maschera il dolore. 
  Tuttavia, pur rappresentandone i denominatori comuni, la costrizione e la frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure necessarie perché si origini il sentimento della rabbia. Altri fattori sembrano infatti implicati affinché origini l'emozione della rabbia. La responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla persona che induce frustrazione o costrizione sembrano essere altri importanti fattori.
 Moltissimi risultano essere i termini linguistici che si riferiscono a questa reazione emotiva: collera, esasperazione, furore ed ira rappresentano lo stato emotivo intenso della rabbia; altri invece esprimono lo stesso sentimento ma di intensità minore, come: irritazione, fastidio, impazienza.

Come si attiva la rabbia?
  L'emozione della rabbia può essere definita come la reazione che consegue ad una precisa sequenza di eventi:
  • stato di bisogno;
  • oggetto (vivente o non vivente) che si oppone alla realizzazione di tale bisogno;
  • attribuzione a tale oggetto dell'intenzionalità di opporsi;
  • assenza di paura verso l'oggetto frustrante;
  • forte intenzione di attaccare, aggredire l'oggetto frustrante;
  • azione di aggressione che si realizza mediante l'attacco.
  Questo è quello che avviene in natura, anche se l'evoluzione sembra aver plasmato forti segnali che inducono la paura e di conseguenza la fuga, impedendo cosi l'aggressione dell'avversario. 
  Nella specie umana, di solito, si assiste non solo ad una inibizione della tendenza all'azione di aggressione e attacco ma addirittura al mascheramento dei segnali della rabbia verso l'oggetto frustrante. Nella specie umana, la cultura e le regole sociali a volte impediscono di dirigere la manifestazione e l'azione direttamente verso l'agente che scatena la rabbia.
  Tre possono quindi essere i fondamentali destinatari finali della nostra rabbia:
  1. oggetto che provoca la frustrazione;
  2. un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione (spostamento dall'obiettivo originale);
  3. la rabbia può infine essere diretta verso se stessi, trasformandosi in autolesionismo ed auto aggressione.
Come il corpo manifesta la rabbia? 
  Per quanto siano estremamente forti le pressioni contro la manifestazione della rabbia, essa possiede una tipica espressione facciale, ben riconoscibile in tutte le culture studiate. L'aggrottare violento della fronte e delle sopracciglia e lo scoprire e digrignare i denti, rappresentano le modificazioni sintomatiche del viso che meglio esprimono l'emozione della rabbia. Tutta la muscolatura del corpo può estendersi fino all'immobilità. 
  Le sensazioni soggettive più frequenti possono essere: la paura di perdere il controllo, l'irrigidimento della muscolatura, l'irrequietezza ed il calore. La voce si fa più intensa, il tono sibilante, stridulo e minaccioso. L'organismo si prepara all'azione, all'attacco e all'aggressione. Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico, ossia: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e dell'irrorazione dei vasi sanguigni periferici, aumento della tensione muscolare e della sudorazione. Gli studi sugli effetti dell'inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo con l'alto rischio di alterare la funzionalità dell'organismo o di somatizzare in alcuni organi del corpo. 
  
  Per tale motivo è importante prevenire e imparare non solo a conoscere ma anche a gestire la rabbia. Esistono protocolli specifici con prescrizioni comportamentali che una volta appresi e automatizzati aiutano a gestire questa emozione così deleteria per se stessi e per le persone con le quale siamo in relazione.

Dott.ssa Maria Giovanna Zocco

Suggerimenti Biblioterapia: Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

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