giovedì 26 settembre 2013

Training Autogeno: corretti atteggiamenti per iniziare


   Molti autori hanno scritto sul Training Autogeno di J.H. Schultz, dandone le più svariate definizioni, ma  quella che più fra tutte preferisco è riportata da Luciano Masi nella sua opera: Training Autogeno - Una psicoterapia breve. 
   Egli definisce il T.A. <<una psicoterapia breve, fondata sui principi dell'ideoplasia e della concentrazione psichica passiva, che consente di realizzare, mediante uno speciale allenamento psicofisico, l'equilibrio neurovegetativo, la calma e positive modificazioni della personalità>>.
   Come è noto a tutti, "training" significa allenamento e "autogeno" che si genera da sé. Ma l'allenamento del T.A. non è lo stesso cui siamo abituati a pensare. Di solito la parola allenamento si riferisce al concetto del "fare qualcosa" ripetutamente, apprendere un'abilità gradualmente ecc., nel Training Autogeno non è così. 
   Per capire di cosa si tratta bisogna ricorrere al concetto di commutazione. Commutare significa cambiare direzione, invertire la rotta, cambiare atteggiamenti mentali strutturati, modificare abitudini, usare in maniera diversa il pensiero, l'attenzione e la concentrazione. In definitiva: mentre nella quotidianità ci si addestra a fare qualcosa, nel T.A. ci si avvia verso il non fare
   Nella definizione di cui sopra si parla anche dei principi di ideoplasia e concentrazione passiva. 
    L'ideoplasia consiste nella capacità della mente di produrre modificazioni corporee. Prima di Schultz era noto l'effetto Carpenter, secondo il quale le immagini mentali hanno il potere di stimolare i muscoli interessati relativi all'oggetto immaginario, per cui la rappresentazione mentale di un movimento tende a provocare impulsi motori che possono essere registrati elettromiograficamente. Da qui l'idea che se i processi mentali, a seguito di rappresentazioni di movimento, hanno la capacità di produrre gli impulsi motori corrispondenti, devono avere anche la capacità opposta, e cioè quella di una riduzione degli impulsi e quindi rilassamento muscolare con rappresentazione di quiete. Così Schultz capì che si sarebbe potuto intervenire non solo sul tono muscolare ma anche in altri sistemi dell'organismo (respiratorio, digerente, cardio-circolatorio ecc.) raggiungendo una ottimale tranquillizzazione neurovegetativa. 
   L'altro concetto base del T.A. riguarda la concentrazione passiva, tale definizione apparentemente sembra essere contraddittoria, infatti viene spontaneo chiedersi: <<come si può essere concentrati e nello stesso tempo passivi?>>. In situazioni normali la concentrazione dell'attenzione è sempre un processo attivo, mentre nel T.A. la concentrazione indica un modo diverso di essere della psiche che si esplica in assenza di sforzo, di volontà, di azione. Ciò che occorre è un atteggiamento di lasciare accadere.  L'individuo che inizia il T.A. deve abbandonare la tendenza ad essere "protagonista" per diventare "spettatore" dei fenomeni che accadono dentro di sé, porsi nella condizione di lasciarsi andare ai meccanismi autogeni che fin dall'inizio cominciano a produrre positive modificazioni biopsichiche.
dott.ssa Maria Giovanna Zocco

domenica 22 settembre 2013

Acne

DEFINIZIONE
Etimologicamente il termine deriva dal  greco "akme"  che significa: picco - vetta. Si tratta di un affezione della pelle caratterizzata da un disturbo funzionale delle ghiandole sebacee o pilosebacee che, funzionando più del normale, provocano un aumento del grasso della pelle definito seborrea. Diverse sono le varietà di acne, ma la più comune è la cosidetta "giovanile polimorfa", forma che compare all'epoca della pubertà ma può anche manifestarsi o perdurare fino ai 30-40 anni in questo caso si parla di "acne tardiva". 
L'acne, nella maggioranza dei casi è localizzata sul volto, ma si presenta anche su spalle e petto, spesso pustole e papule (i brufoli) sono associati a comedoni (punti neri).
A tutt'oggi non è stata individuata una vera e propria causa dell'acne. Considerare l'acne una malattia ormonale è un errore, così come curarla con gli ormoni è sbagliato, Tranne in rarissimi casi, infatti, gli ormoni dei pazienti sono perfettamente normali. 
L'acne non ha alcuna relazione con l'alimentazione. Non è vero che chi ne soffre non può mangiare latte, latticini o zuccheri ed è solo un falso mito che cioccolata e patatine fritte peggiorano il quadro clinico. Il soggetto acneico può mangiare tutto ciò che desidera.
L'acne, comunque, è universalmente considerata di natura psicosomatica, in quanto i fattori psicologici sono sempre presenti in questo disturbo, anche se essi sovente si accompagnano a possibili alterazioni endocrine. Trattandosi di un'affezione tipica dell'adolescenza, è logico ritenere che alla base della stessa ci possa essere un conflitto di natura psicosessuale. Ed è proprio questa diffusa convinzione che porta per lo più a considerare l'acne juvenilis come un fatto transitorio a cui non è il caso di dare troppa importanza. In realtà, se ciò è vero in qualche caso, non è meno vero che gli adolescenti colpiti dall'acne presentano spesso  problematiche di disadattamento sociale sia per quanto attiene la loro maturazione sessuale che i rapporti interpersonali. Alcuni autori definiscono l'acne come una vera e propria malattia sociale, infatti l'alta diffusione della patologia (soprattutto tra i giovani), la tendenza alle recidive e il difficile e travagliato rapporto di chi ci convive e tenta di sconfiggerla hanno inevitabili ripercussioni più o meno gravi nelle interazioni sociali; basti pensare che se un solo brufolo può creare problemi, quattro possono anche provocare il panico, per esempio in prossimità di un'occasione davvero importante.
TRATTAMENTO
Spesso nella personalità del soggetto acneico, si evidenziano scarsa autostima, insicurezza, sfiducia che si accompagnano generalmente ad irritabilità, nervosismo e ansietà. Quindi, laddove vengono escluse, nel determinismo dell'affezioni, gravi cause endocrine, interventi che comprendano le tecniche di rilassamento (che si possono apprendere on-line) associate alle immagini mentali i cui temi principali trattano il "rinforzo dell'Io" danno sempre buoni esiti.

dott.ssa Maria Giovanna Zocco

sabato 21 settembre 2013

Dismenorrea funzionale

 Le mestruazioni dolorose: sintomatologia e terapia


       Si tratta della sindrome delle mestruazioni dolorose, uno dei disturbi femminili più diffusi, più o meno associata ad altri sintomi generali come gonfiore addominale, nausea, vomito, cefalea ed emicrania, cambiamenti d'umore, dolore e gonfiore al seno, mal di schiena. Il dolore è localizzato al basso ventre, compare in genere il primo giorno del ciclo ma a volte anche prima, per poi diminuire di intensità fino a scomparire.
         Ci sono tre forme di dismenorrea: la primitiva, la secondaria e la membranacea.
  • La dismenorrea primitiva è caratterizzata da un dolore mestruale, in assenza di malattie a carico degli organi genitali. Compare in genere a distanza di sei mesi un anno, dopo la comparsa del primo ciclo mestruale (menarca) ed è più frequentemente in ragazze emotive e ipersensibili. In alcune donne il dolore può raggiungere gradi di intensità molto elevati tali da rendere impossibile qualunque attività richiedendo il riposo a letto per uno o più giorni. La dismenorrea infatti, è il più frequente motivo di assenza dalla scuola o dal lavoro nelle donne in età fertile. In genere comunque si assiste a una spontanea risoluzione di questa forma di dismenorrea, dopo una gravidanza. In alcune donne però, si può ripresentare, per poi scomparire con il passare degli anni. Le cause (escluse malattie a carico del sistema riproduttivo) sembrano essere sia di origine organica (squilibri ormonali, contrazioni uterine aritmiche, un elevata concentrazione di prostaglandine nel muscolo uterino) ma anche e soprattutto di natura psicologica.
  • La dismenorrea secondaria, a differenza di quella primitiva, compare più tardivamente, di solito tra i 25 e i 40 anni, è meno frequente e le cause possono essere;
  1. Malattie dell'utero, fra cui fibromi, adenomiosi, sinechie, malformazioni del collo dell'utero come la stenosi (restringimento) congenita.
  2. Malattie delle tube e delle ovaie come la malattia infiammatoria pelvica ricorrente, l'endometriosi, l'idrosalpinge.

  • La dismenorrea membranacea, dal punto di vista sintomatologico è caratterizzata dalla classica "colica uterina" con dolori al basso ventre di tipo colico, che insorgono con il ciclo mestruale e si accentuano durante il primo e il secondo giorno. Diminuiscono poi bruscamente con l'espulsione dalla vagina di lembi di mucosa che riveste l'interno dell'utero, a volte frammentati, a volte a "stampo", causando spesso apprensione nelle pazienti, in quanto scambiano questa perdita mucosa, quando non è frammentata, per materiale abortivo. Le cause di questo tipo di dismenorrea  sembra dovuta ad un aumento del tasso di progesterone.
       L'approccio terapeutico, ovviamente varia a seconda del tipo di dismenorrea. In ogni caso, in  tutte e tre le forme di dismenorrea, vanno sospese in fase premestruale tutte le attività che richiedono sforzi fisici di una certa entità.
       Nel caso della dismenorrea membranacea le terapie più utilizzate prevedono l'uso di estrogeni, progestinici o, più frequentemente, estroprogestinici (pillola). La terapia sintomatica si basa sull'impiego di farmaci antispastici e antalgici.
Per la dismenorrea secondaria ovviamente il trattamento sarà diverso a seconda della causa, ad esempio l'asportazione dei fibromi, la cura dell'endometriosi e della malattia infiammatoria pelvica, che potrà essere di tipo medico o chirurgico a seconda dei casi.
        La dismenorrea primitiva di solito viene curata con i farmaci antalgici come gli analgesici maggiori o l'acido acetilsalicilico o con i paraminofenolici. Questo già a partire dall'adolescenza. Per questo, nella maggioranza dei casi, si assiste ad una progressiva assuefazione dell'organismo ai farmaci utilizzati, cui segue una ulteriore prescrizione di farmaci diversi, in un circolo vizioso che rende la donna sempre più dipendente da farmaci più forti e quindi con effetti collaterali più dannosi.
    Essendo entrambe le forme di dismenorrea, sia quella primitiva che quella membranacea, fortemente influenzate da fattori di natura psicologica, nella cura di queste sindromi risultano indicate le tecniche di rilassamento, in particolare il Training Autogeno di Schultz che agendo sulla progressiva distensione muscolare è capace di innescare un circolo vizioso inverso al processo che genera il dolore.

In pratica: il dolore provoca la contrazione automatica della muscolatura uterina, questo rende difficile e quindi ancora più doloroso il distacco della mucosa. Aumentando il dolore, aumenta ancora la contrazione involontaria che a sua volta provoca più dolore. Il Training Autogeno (opportunamente adattato al caso specifico) oppone un volontario rilassamento che diminuisce la contrazione uterina facilitando il distacco della mucosa e quindi la progressiva diminuzione del dolore, instaurando un'altro circolo vizioso ma stavolta virtuoso.

dott.ssa Maria Giovanna Zocco

post pubblicato anche sul sito "Medicitalia.it" al seguente link.

Ansia


DEFINIZIONE
Ogni tentativo di definire la natura e il significato dell'ansia deve cominciare con l'affermare che essa è un fenomeno naturale che l'individuo sperimenta in molte situazioni della propria esistenza e anche nella propria quotidianità. Ma esiste anche un'ansia patologica che può caratterizzare l'esistenza di un individuo in alcuni momenti della propria vita. E' quindi importante stabilire i confini tra ansia normale e ansia patologica.
L'ansia normale è uno stato di tensione sia fisica che psicologica che comporta un'attivazione generalizzata di tutte le risorse dell'individuo, consentendo così l'attuazione di iniziative e comportamenti utili all'adattamento. Essa è diretta contro uno stimolo realmente esistente, spesso ben definito e rappresentato da condizioni difficili ed inusuali. L'ansia è invece patologica quando disturba in maniera più o meno notevole il funzionamento psichico, determinando una limitazione delle capacità di adattamento dell'individuo. È caratterizzata da uno stato di confusione e d'incertezza rispetto al futuro, con prevalenza di sentimenti spiacevoli; a volte può riguardare specifici oggetti ed eventi altre volte è vaga, cioè senza una precisa causa riconoscibile; può riferirsi ad un futuro imminente, oppure alla possibilità di eventi più o meno lontani. L'ansia patologica a volte può raggiungere un'intensità tale da provocare una sofferenza insopportabile, un senso di pericolo imminente da determinare comportamenti di difesa che limitano l'esistenza, come l'evitamento delle situazioni ritenute potenzialmente pericolose o di controllo attraverso la messa in atto di rituali di vario tipo. L'ansia patologica si ritrova, oltre che come un disturbo a sé stante, come ad esempio negli stati prenevrotici e nevrotici, anche in quasi tutte le malattie psichiatriche: demenze, schizofrenia, depressione e mania, disturbi di personalità, sessuali e dell'adattamento.

SINTOMATOLOGIA
I sintomi dello stato ansiogeno sono da ricondurre prevalentemente al sistema nervoso autonomo, cioè quello che non è sotto il controllo della persona (simpatico e parasimpatico) e che vengono definiti disturbi neurovegetativi. 
Tali sintomi neurovegetativi possono riguardare:
manifestazioni psicomotorie (irrequietezza, tensione fisica, tremori, vertigini, svenimento imminente (lipotimia), immotivata reazione d'allarme;
manifestazioni psicologiche (indebolimento dell'attenzione, scarsa capacità di concentrazione, disturbi nella capacità di giudizio, preoccupazioni eccessive per questioni secondarie, tendenza al catastrofismo, sensazione di perdita della propria personalità (depersonalizzazione) e di perdita del senso della realtà circostante (derealizzazione), disturbi della memoria, disturbi del sonno;
manifestazioni fisiologiche (palpitazioni, senso di oppressione, difficoltà di respirazione (dispnea), respirazione accelerata (iperpnea), aumentata sudorazione, formicolio in parti del corpo, vampate di calore o di freddo, difficoltà alla deglutizione, sensazione di "nodo in gola", bocca secca, battito cardiaco accelerato o non regolare (aritmico), debolezza e facile stancabilità (soprattutto agli arti inferiori), alterazioni vasomotorie, cefalee, disturbi visivi e/o uditivi, minzione frequente, diarrea, disturbi nella funzione sessuale;
manifestazioni emotive (irritabilità, inquietudine, apprensione, ipervigilanza, repentini cambiamenti nel comportamento, reazioni di evitamento, depressione, umore nero, senso di paura e di pericolo imminente, paura di morire o di perdere il controllo o di impazzire, incapacità di rilassarsi, difficoltà relazionali in ambito familiare e sociale.
Varie sono le teorie che riguardano l'insorgere dell'ansia patologica, esse possono essere ricondotte in due principali filoni:
Somatogeno: secondo alcuni studi effettuati sul cervello umano, l'ansia sarebbe causata da alterazioni della quantità di alcuni neurotrasmettitori, come per esempio un'eccessiva produzione di noradrenalina (l'ormone dello stress) ed una ridotta produzione di serotonina (che regola il benessere) e di GABA (che è un neurotrasmettitore inibitorio);
Psicogeno: secondo Freud padre della psicoanalisi, l'ansia deriverebbe da un conflitto inconscio che può risalire all'infanzia o svilupparsi nella vita adulta. Questo conflitto psicologico mette in moto dei meccanismi di difesa il cui scopo è quello di allontanare dalla coscienza questo stesso conflitto, relegandolo in una sede non accessibile della psiche, che è l'inconscio.

Appare evidente che a seconda dell'adesione a questa o quell'altra interpretazione del fenomeno ansioso ne deriverà anche l'impostazione terapeutica. E chiaro che se dell'ansia si ha una visione somatogena la psicoterapia avrà scarsa considerazione, tuttavia oggi la maggior parte degli studiosi condivide l'idea che l'ansia comunque esprime un conflitto vuoi di natura interna (intrapsichico) che esterna (ambientale) pur non trascurando il dato organico.

TRATTAMENTO
Il trattamento specifico per gli stati d'ansia richiede, innanzitutto, la conoscenza del soggetto, specie per quanto riguarda i tutti i suoi vissuti, anche quelli infantili e adolescenziali, oltre, naturalmente ai dati anamnestici.  Avere una misura del "livello di ansia" e questo è possibile con il test MMPI e una indicazione della tipologia di conflitti che si rileva con il Luscher Test.  A differenza della psicoanalisi che concentra le indagini sulla primissima età, noi aderiamo alla visione di Kretschmer che invece punta sulla totalità dei vissuti soggettivi. Pertanto la terapia Kretschmeriana del doppio binario rappresenta un'ottimo metodo per aggredire l'ansia patologica e ripristinare l'armonia della personalità. Da un lato, dunque, (primo binario) si procede col Training Autogeno di Schultz che consente lo smorzamento della risonanza emotiva che sta alla base dello stato ansiogeno, dall'altro (secondo binario) si attua l'esame della personalità e dei problemi attuali del soggetto per ridurne la portata generatrice d'ansia. Nei casi in cui le situazioni ansiogene conducono ad atteggiamenti di evitamento o attacchi di panico, si possono inserire nel corso delle tredici sedute necessarie al doppio binario  delle prescrizioni comportamentali costruite ad hoc, in base al contesto presentato dal paziente e secondo i protocolli relativi alle Tecniche Strategiche Brevi, la cui efficacia, proprio per i problemi di ansia, secondo i dati del "Strategic Therapy Center - Research & Development, Training and Consulting Istitute", risulta essere del 95%.

dott.ssa Maria Giovanna Zocco

venerdì 20 settembre 2013

Bolo isterico


DEFINIZIONE
Si tratta di una particolare e fastidiosa sensazione di ostruzione al tratto laringo-faringeo, percepita come se un corpo rotondo risalisse dall'epigastrio alla faringe, dove sembra arrestarsi provocando un blocco. Spesso tale sensazione, nei momenti di maggior crisi, è associata a un senso di asfissia. Il disturbo è dovuto in pratica ad uno spasmo transitorio dell'esofago  e compare in pazienti labili dal punto di vista nervoso. 
In questo caso può essere un sintomo di conversione dell'ansia. Infatti tale sindrome è conosciuta in medicina con il nome di "bolo istericoin quanto all’esame clinico non viene evidenziata alcuna patologia responsabile di tale disturbo.
DIAGNOSI
Per una diagnosi di bolo isterico sono necessari in primo luogo accurati esami medici che escludano eventuali malattie a carico del tratto laringo-faringeo. I disturbi medici che potrebbero essere confusi con il bolo isterico comprendono i veli esofagei superiori, lo spasmo esofageo, il reflusso gastro-esofageo o lesioni che, occupando lo spazio del collo o del mediastino provocano compressione dell’esofago. Nel bolo isterico la deglutizione o l’introduzione di cibo o bevande non peggiora la situazione, anzi, spesso la migliora. Non è presente dolore né perdita di peso.
Escluse le cause organiche, è necessario che lo psicologo verifichi se il bolo è l'espressione di una sindrome isterica  e in questo caso va inquadrato nell'ambito delle nevrosi d'ansia a struttura isterica; oppure sia espressione di uno stato emozionale da riferirsi alla particolare personalità del soggetto. 
Per una esatta diagnosi psicologica del bolo isterico è sufficiente la somministrazione di Test psicologici (come MMPILuscher) che indagano sulla struttura della personalità e sui conflitti.
TRATTAMENTO
Nel caso di nevrosi d'ansia a struttura isterica sono indicate le terapie autogene, le tecniche immaginative o ipnotiche. Nel caso, invece si tratti di stati emozionali, sono sufficienti colloqui psicologici orientati a cogliere nella personalità del soggetto e in profondità le ragioni conflittuali che si manifestano con l'occlusione faringea.

dott.ssa Maria Giovanna Zocco

giovedì 12 settembre 2013

I vantaggi psicologici di imparare un'altra lingua

Imparare un'altra lingua può promuovere la crescita del cervello, allontanare la demenza, aumentare la memoria, migliorare l'attenzione e molto altro ...




" Avere un altro linguaggio è come di possedere una seconda anima. " - Charlemagne

Ci hanno abituato a pensare che l'apprendimento di due lingue avrebbe potuto creare confusione nella mente.
Un altro punto di vista ancora più estremo e assurdo era che l'apprendimento di due lingue avrebbe causato una sorta di schizofrenia o di doppia personalità.
Alcuni studi del passato sembrano sostenere l'idea che l'apprendimento di due lingue potesse essere problematico; i primi ricercatori, infatti, che hanno studiato l'argomento hanno notato che le persone bilingui tendono ad avere vocabolari più ristretti e un più lento di accesso alle parole.
Ma questi studi sono stati ora oscurati da nuove ricerche che mostrano invece incredibili benefici psicologici nell'imparare un'altra lingua. E questi benefici si estendono ben al di là dell'essere semplicemente in grado di ordinare una tazza di caffè all'estero o chiedere indicazioni per raggiungere il vostro hotel.

1. Sviluppo del cervello
Le aree del cervello responsabili del linguaggio in realtà si sviluppano maggiormente a seguito dell'apprendimento di più lingue.  In pratica più si impara, e più quelle zone vitali del cervello crescono ( Mårtensson et al., 2012).

2. Ritardare la demenza
Il bilinguismo ritarda la malattia di Alzheimer in soggetti predisposti fino a cinque anni ( Craik et al., 2010 ). Sembra incredibile, ma gli studi stanno continuando a sostenere questo risultato. In poche parole: l'effetto sulla demenza nell'apprendimento di un'altra lingua è molto più grande di qualsiasi risultato realizzabile con gli ultimi farmaci.

3. Sentire meglio la lingua
Essere bilingue può portare ad una migliore capacità di ascolto, dato che il cervello è abituato a lavorare di più per distinguere i diversi tipi di suoni di due o più lingue ( Krizman et al., 2012).

4. Si diventa più sensibili alle varie sfumature del linguaggio 
I bambini di famiglie bilingui possono distinguere lingue di cui non hanno mai nemmeno

domenica 8 settembre 2013

Cannabis Sativa: droga o medicina?


Ultimamente sui giornali on line, si sta trattando spesso il tema della liberalizzazione delle droghe leggere, in particolare: la cannabis sativa. E come sempre ormai accade per qualsiasi argomento, ci sono i sostenitori della liberalizzazione e quindi giù link e citazioni di studi a sostegno delle proprietà benefiche e terapeutiche della pianta. E dalla parte opposta, ci sono quelli che sostengono la nocività della stessa e vengono citati studi e ricerche a sostegno della pericolosità di questa erba. Solo pochi riescono a trascendere questo dualismo arrivando a sostenere che l’organismo ha in sé le capacità naturali di prodursi tutto ciò che gli serve a livello fisiologico per il suo benessere fisico. Ma io aggiungo un’altra cosa: le droghe vengono utilizzate anche per ottenere un benessere psichico che è un benessere artificiale sempre più legato alla sostanza, fino a quando la persona non riesce più a crearselo da sé, ecco allora spiegata la dipendenza dalla sostanza. 
Pochissimi sanno che la mente umana, o meglio, la sua parte inconscia, possiede la

mercoledì 4 settembre 2013

Taiji : il monaco e il cane

Molte cose può rappresentare il cucciolo: 
può essere appunto un cucciolo di animale, 
può essere un figlio, 
oppure una persona cara. 
Ma il messaggio è unico: 
è innegabile la nostra responsabilità 
nei confronti delle vite 
che il destino pone sul nostro cammino.


domenica 1 settembre 2013

Quattro aspetti veramente orribili dei manager


Il cinquanta per cento dei manager sono incompetenti, così vi viene spontaneo chiedervi: "come ha fatto quell'idiota ad arrivare ad essere il mio capo?"  

I sondaggi continuano a dirci che tra il 65% e il 75% delle persone considerano il loro manager come l'aspetto peggiore del loro lavoro.

È questa solo una lamentela senza fondamento, o c'è qualcosa di vero?

In realtà la maggior parte dei manager risulta veramente essere incompetente lo dimostrano i risultati di una ricerca condotta nel 1993 secondo questo studio circa il 50% dei manager sono incompetenti ( De Vries, 1993 ).

Le ragioni per cui tali manager non riescono a svolgere in modo ottimale il loro lavoro  sono abbastanza semplici. Quando Leslie e Van Velsor (1996) hanno esaminato diverse organizzazioni e diversi dipendenti, hanno trovato questi quattro punti riassuntivi dei problemi di questi manager (ricerca descritta nel Hogan & Kaiser, 2005 ):

1. Scarse abilità interpersonali . Questi  manager "Horrible" sono soliti guardare i loro dipendenti  guardano dall'alto in basso e si comportano come imperatori irascibili. Sono persone insensibili, fredde e hanno la stessa probabilità di essere gentili con te, quanto le